Cinema

Yves Saint Laurent: l'estasi creativa e il tormento di un'icona della moda

Yves Saint Laurent: l'estasi  creativa e il tormento di un'icona della moda

Un genio in bilico tra euforia creativa e depressione; un timido, capace di osare, arrivando a rivoluzionare la moda femminile. Yves Saint Laurent non è solo un'icona della moda, nonché creatore di una delle più celebrate maison; nella pellicola, il regista Jalil Lespert, ha voluto focalizzarsi sulla storia d'amore tra Saint Laurent e il socio e compagno di una vita, Pierre Bergé, ripercorrendo al contempo le tappe salienti di una carriera eccezionale. La direzione di Lespert, basata su un attento lavoro di documentazione, evita l'agiografia, per scavare negli anfratti della personalità dello stilista, mettendo in rilievo anche le più intime sofferenze.
Tutto ha inizio nella Parigi del 1957, quando Yves (Pierre Niney), a soli ventun'anni, viene nominato responsabile della casa di moda creata di Christian Dior, da poco scomparso. Fin dalle prime battute, si mostra un giovane modesto, gravato da responsabilità che riesce a reggere grazie a un'insospettabile determinazione, ma, soprattutto, grazie a un genio creativo, più unico che raro.
La prima sfilata è l'occasione in cui lo stilista incontra Bergé (Guillaume Gallienne). Tra i due si crea un legame fortissimo, reso in tutta la sua conflittualità, grazie alla complementarietà di due ottimi interpreti, attori della Comédie-Française che non portano in scena solo un robusto mestiere, ma realmente e autenticamente, Yves e Pierre. Non c'è spazio per le edulcorazioni: il rapporto tra il genio creativo (Yves) e l'uomo d'affari (Pierre), che secondo lo stesso Gallienne “pur non essendo uomo di principi, tiene sempre fede alla sua parola”, viene reso in tutte le sue sfaccettature. Tra tradimenti, le strategie di Bergé, finalizzate ad allontanare le muse dallo stilista, anche ricorrendo a comportamenti poco limpidi (vedi la relazione con Victoire) e gli eccessi di un Saint Laurent, risucchiato dal vortice dell'alcol e delle droghe, si scandiscono le tappe di una carriera in crescendo. Dalle collezioni “Mondrian” alle “Russian Ballet”, passando per gli smoking fatti indossare alle donne, in un contesto di sensuale edonismo, sottolineato dalla disco dance degli anni Settanta:  l'obiettivo di Lespert cattura momenti salienti, riuscendo a trasmettere atmosfere di tempi in continuo mutamento, strettamente correlate ai movimenti dell'animo di un protagonista tormentato, ma completamente rapito dal suo lavoro.
Intorno a Saint Laurent, le muse più celebri, Loulu de la Falaise, di cui Laura Smet evidenzia l'anticonformismo, ma anche la cultura, per nulla becera, che le consente di diventare una delle più strette collaboratrici; mentre per Betty Catroux, Marie de Villepin ha giocato bene sull'icononicità della diva-mannequin, che rischia, con la sua sensualità camaleontica, di essere fonte di perdizione per lo stilista. Molto interessante è il personaggio di Victoire, grazie all'interpretazione vigorosa, a tratti toccante, della fascinosa Charlotte Le Bon.           
Un altro rapporto importante, che avrebbe potuto essere maggiormente approfondito, è quello tra Yves e la madre, Lucienne (Marianne Basler) da cui il giovane trae ispirazione per il lavoro. Nella delineazione madre-figlio, vi è però un merito: l'assenza di morbosità, che è un'assenza che  caratterizza l'opera del regista. Il trasporto dei sensi diventa spesso un gioco o un momento suggerito, oppure un ciclone che si abbatte sui personaggi, ma senza spogliarli mai completamente.
Jalil Lespert racconta una storia e lo fa con una sensibilità che non si traduce tanto nella restituzione ossessiva di dettagli, ma prima di tutto, di un lavoro basato prima di tutto sui personaggi. La ricostruzione delle vicende cerca la precisione che sia funzionale al racconto, che scivola, con le immagini anche esotiche, espressione dell'anima di un genio che nella rivoluzione introdotta nella moda, trova la possibilità di essere artista, e non solo uno stilista. Ogni momento è sottolineato da una colonna sonora, composta dal Ibrahim Maalouf. Tra classica e jazz, il suono è un elemento protagonista al'interno della pellicola.  La musica contribuisce a evocare  momenti storici, ma soprattutto, a creare emozioni, che culminano con la voce di Maria Callas, soprano amata da Saint Laurent. Un omaggio a un genio, scelta ben congegnata, in questo film coinvolgente, in cui tutti gli elementi sono ben dosati. Anche gli eccessi del genio che non si lascia catturare dalle definizioni, perché è il primo in cerca di definizioni.